Biografia
Aldo Ettore Kessler nacque a Verona 1884 ed ivi morì nel 1974. Giornalista, scrittore e critico d’ arte, insegnò all’ Accademia di Belle Arti Cignaroli, della quale tenne anche la reggenza. Il suo debutto artistico avvenne a soli 16 anni col dipinto “Mulini sull’ Adige”.
Le opere migliori e più autentiche di Aldo Ettore Kessler furono legate a quel periodo particolarmente fecondo per la pittura veronese che furono gli anni venti. A contatto con artisti quali Pigato, Farina, Nardi, Vitturi o Dall’ Oca, recepì la lezione e la filtrò facendola propria secondo la sua sensibilità ed il suo gusto per la misura. La linearità e la pulitezza erano per lui un modo di essere e di recepire la realtà. Perseguì un ideale di pittura tendente all’ essenzialità ed all’ equilibrio delle forme.
Il suo amore per la natura lo portava a prediligere i soggetti naturali, colti nell’ ora e nel momento che meglio riflettevano il suo stato d’ animo.
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Presentazione critica
Aldo E.Kessler (1884-1974), “da coetaneo è stato amico del gruppo centrale della pittura veronese, s’intende quello di Zamboni, Nardi, Pigato, Farina, Vitturi.
La sua azione deve, per forza di cose, aver contato sia intellettualmente che in ambito politico-sociale, tenendo conto della professionalità di giornalista di spicco in città e fuori. La posizione di Kessler ha, molto probabilmente, avuto influenze su Zamboni, su Nardi, su Pigato, su Farina e su Vitturi, anche per ciò che riguarda l’atteggiamento politico di repulsa, o almeno di distacco in una dichiarata appartatezza; Kessler d’altro canto, ritrovava doni corrispondenti dai pittori nominati, sia nello stimolo formale che nella cura della luce. Zamboni è quello meno in sintonia pittorica col temperamento di Kessler, e Vitturi lo segue a ruota. Mentre Nardi e Pigato, nelle nature morte e nei fiori, gli sono consanguinei, come Farina lo è -s’intende il Farina “centrale”, e non ancora distaccato nella sua ultima e più significativa fase pittorica – nel paesaggismo più dilatato, nella gloria della luce veneta, della luce veronese. Ben s’intende che il cromatismo di Kessler ha origini sue proprie: in linea con la spontanea naturalezza al rilevamento dei salti di
tono; dell’intervento (a filo dell’incarnato) della frutta in straordinaria dedizione, così dei fiori e dei vasi e delle altre componenti delicate e fervide che irradiano sapori e odori, profumi integri e sereni.
ll paesaggio, in specie quello già della “bassa” intorno a Vigasio, non lo attrae sentimentalmente nelle nebbioline più tipiche delle vocazioni autunnali, ma invece nella chiarezza primaverile, nel dominio verde dell’estate ancora da deflagrare del tutto. Se poi è l’inverno delle nevi il protagonista, allora sia la “bassa” veronese, che i sobborghi cittadini, che il lago di Garda – Malcesine in particolare – offrono stacchi nitidi, fluida tensione morale: quasi il bianco, che sembra allargare gli spazi abitati, sia un sintomo liberatorio, ogni volta nuovo sulle insoddisfatte realtà sociali di cui l’uomo Kessler dava esatto risalto con la morale da insegnare, e confermare, ogni giorno.
Questa sua pittura, sempre più attesa nella storia veronese, ha infatti la memoria del tempo, che, dalla esemplare apparizione isolata, diventa ben altro che umore, scelta esatta, distacco moralistico, e i pittori con lui confermano che dipingere era allora una “scuola” completa fuori della retorica”. (Alessandro Mozzambani )- [Catalogo della Mostra “PITTURA A VERONA 1900-1950”, Comune di Sona 1989]