Via Andrea Palladio, 44
37100 VERONA
VERONA
Telefono:
Fax:
Email:
Sito web:
Biografia
Nato ad Annemasse, Francia, risiede ora a Verona . La sua formazione artistica inizia nello studio del pittore Giovannetti, studiando in particola¬re il disegno e l’illustrazione.
L’attività pittorica inizia nel 1959, incoraggiato dal maestro Antonio Nardi, partecipa ad una prima mostra collettiva, il successo della critica lo fa continuare fino alla prima mostra personale alla galleria Notes di Verona, seguiranno poi la galleria Letteraria, Verona 1974 – Le Padovanelle, Padova 1974 e 1975- galleria vicolo Gomma, Rimini 1975 – galleria Tiziano, Mantova 1 976 – galleria Alpone, S.Bonifacio (VR) 1976 – lgalleria Veronetta, Verona 1977 – galleria al Corso, Vicenza 1977 – Sabionetta, Mantova 1978 e 1979 – galleria Tibaldi, Bologna 1979 – galleria l’incontro, Verona 1979, 1980, 1982, 1983 e 1984 – galleria la Disciplina, Villafranca (VR) 1980 – galleria Ente Turismo, Iseo (BS) 1981 -galleria Bacchiglione, Vicenza 1985.
Dal 1 985 è in permanenza alla galleria d’Arte l’incontro di Verona.
Mostre: collettive dal 1959 al 1972, 1973 galleria notes verona, 1974 galleria letteraria verona, 1974 e 1975 le padovanelle padova, 1975 galleria del vicolo gomma rimini, 1976 galleria tiziano mantova, 1976 galleria alpone s. bonifacio (vr), 1977 galleria la veronetia verona, 1977 galleria al corso vicenza, 1978 1979 sabbioneta mantova, 1979 galleria tibaldi bologna, 1979 galleria l’incontro verona, 1980 galleria la disciplina villafranca (vr), 1980 galleria ente turismo iseo (bs), 1981 galleria bacchiglione vicenza.
Alcuni concorsi: premio calciotpittura del guerrin sportivo bologna, internazionale l’alpino caronno pertusella (va) V premio, trofeo città di soave 10 classificato, nazionale città di soave pr. acq., natale del pittore (va), internazionale hermitage, internazionale g. a. de sacchis (pn), malatesta rimini, trofeo città di soave 1^ classificato.
Presentazione critica
“Lavarini ci ricorda sì: Caravaggio o Rembrandt o Velasquez per il tono compositivo e cromatico ma (per talune realizzazioni e scelte di oggetti) denuncia qualche carenza, proprio per questo ci convince della sua autenticità. Giovane com’è, fa già parlare di sè: dotato, sensibile, tecnicamente impegnato, è ben degno di continuare il suo discorso pittorico…”.
«Giornale L’ARENA- 1974»
“In verità, la pittura del Lavarini, scevra da accademismi e da pastoie moder¬nistiche, ha la facoltà di bloccare l’attenzione dell’osservatore in virtù di un fraseggio incisivo e verace, che, nelle tinte prevalentemente scure, contiene una spiccata «qualità» figurativa punteggiata di illuminanti lucorì. E’ una pittura pensosa, sommamente dignitosa, che esprime una maturità artistica un po’ contrastante con l’ancor giovane età dell’autore. Fra le varie tele meritano annotazione taluni squarci di nuclei urbani, in cui, giustappunto, la pastosa, cromatica dell’insieme ha lontani riflessi di una chiarità quasi opalescente. E ancora alcune figure di vecchi diafani, disfatti, prossimi al definitivo sfacelo come creature già dialoganti con l’aldilà. Oppure gli ottimi nudi di Laura in positure supine, piene di abbandono: inni a una dirompente carnalità e nel contempo ammonimenti alla occasio¬nalità terrena della grazia femminile.
Ecco perché la pittura di Lavarini è anche vigilara e come rattenuta da una sorta di pudore di esplodere. Ed ecco perché è lecito prevedere che questo artista, già largamente quotato, possa tenere in serbo più rigogliose risorse: come dire che se Lavarini saprà svincolarsi da una troppo avvertita coscienza professionale che lo costringe a una cura forse meticolosa del segno – cioè della «verità» fidando nel suo non comune ingegno nativo, dovrebbe avvenire il totale decollo”.
«Giornale IL RESTO DEL CARLINO- 1974»
“E’ il caso di Francesco Lavarini, presente con un gruppo di opere di innegabile suggestione. Ed è del pari agevole attribuire questa sua fulminea presa sul pubblico al fascino di un colore misterioso e profondo che tutti avvolge i suoi lavori, siano essi nudi o nature morte, paesaggi o fiori: un colore che par venire di lontano che alita dalla leggenda o dal richiamo di ère remote. Nato in Francia da padre francese e madre spagnola, egli sembra aver preso dell’uno la ricchezza spirituale, dell’altra l’irriducibile malinconia, divenuta la dominante della sua espressione pittorica”.
«VITA VERONESE- 1974»
“Diego Francesco Lavarini per una verifica. Di passare per « pittore d’altri tempi » ne ha piene le tasche: le etichette, quando sono appioppate con troppa disinvoltura, danno fastidio a tutti.Dicono che prepari i fondi come i Vecchi maestri e che ci dia dentro nello studio della figura con la stessa attenzione degli antichi « violinisti del nudo ». Un’operazione di cesello, insomma, che fa cocktail con l’immancabile « sensualità» e con il « gusto estetico ben sviluppato ». Altro discorso, poi, il leit-motiv di una modella tra il giorgionesco e il botticelliano capace persino di catturare l’occhiata furtiva di un frate trap. pista. Quando il nudo è bello, insomma, si lascia guardare. E chi se ne frega se è un nudo d’altri tempi…
Tutto questo si è detto di Diego Lavarini. Non un’accusa ma una constatazione che ha comunque il valore di un limite per la solita mania di incasellare il prodotto d’arte entro schemi codificati: Lavarini è così e così, targato, etichettato e consegnato in ceralacca all’archivio dei sorpassati. Perchè riesce inconcepibile che un artista giovane si dedichi alla figura (e al nudo in particolare) per farne oggetto di ricerca o di esercitazione pittorica.
Per mettere a fuoco la situazione, in realtà, bisogna soprattutto parlare con Lavarini, entrare in quel suo mondo tra il barocco e lo scanzonato (non stupisca il parallelo), cercare una verifica da vicino. Il risultato è che l’immagine dell’uomo fa un tutt’uno con quella dell’artista. Non è questione di « seconda pelle » o di « transfert rembrandiano»; il fatto è che Lavarini è proprio come lo si intuisce, cioè vecchio. Un vecchio trentasettenne che contesta la realtà di oggi (non gli piace) e che si rifugia in un passato dai contorni familiari. Tutti i pittori hanno o hanno avuto un maestro: quelli di Lavarini hanno il difetto (imperdonabile, ahimè) di non essere più in vita. Ma è l’unica differenza, ci scusino i pedissequi interpreti di certa avanguardia. E dicendo di certa non intendiamo necessariamente tutta l’avanguardia, questo deve essere altrettanto chiaro, per una questione di onestà e per il rispetto di una posizione critica ben definita.
Un giudizio sintetico? Eccolo. Meglio Diego Lavarini, questa «mummia »pittorica conservata intatta in un sarcofago del Settecento, dell’operatore artistico che con una manciata di « rulli » in testa sta per essere scoperto dalla critica istituzionalizzata. Meglio Lavarini di un’accademia che fa ancora distinzione tra olio, tempera, puntasecca, scultura, pittura d’autore, pittura commerciale riducendo la cultura in ghetti e usando per ciascun settore un suo linguaggio e una sua giustificazione, anche per cose che non piacciono, anche per cose che non vogliono dire niente. O.K.?” (Adalberto Scemma)
“L’impressione prima è di una pittura fuori dal mondo, soluzioni tecniche strappate al Settecento e contrasto stridente tra la giovane età dell’artista (appena trentaseienne) e la realtà « ormai irreale » che ritrae. Invece è una pittura onesta, che ha il solo torto di essere svincolata dalle formule attualizzate della critica.
Francesco Lavarini merita rispetto, prima di tutto, per l’abilità professionale e per lo studio rigoroso della figura, doti queste che gli artisti di oggi non sempre possono accampare. Altro discorso, invece, per quanto riguarda la « struttura » dei suoi quadri, spesso criticati per i riferimenti a un’epoca che in pittura ha chiuso praticamente un ciclo.
Il suo « Settecento » non è revival; è coscienza piuttosto, di un periodo al quale aderisce con naturalezza o, meglio, con affinità elettiva. Tutte queste considerazioni riguardano ovviamente la tecnica e l’impostazione generale delle sue opere. Dire a questo punto che Lavarini non è moderno è forzare la mano. Non è moderno nel senso che evita avventure d’avanguardia, questo si. La sua pittura ha comunque una ragione d’essere, e una validità artistica, che prescindono da qualsiasi riferimento a epoche o a, periodi. O bisogna proprio fare dell’avanguardia a tutti i costi (con gli esempi che ci troviamo davanti) per meritare una briciola di credito? L’avanguardia ha una sua vitalità e una sua indiscutibile validità anche dal punto di vista culturale quando è autentica, sentita, sofferra. Assurdo pensare, però, che debba togliere spazio a qualsiasi altra soluzione pittorica”.
(Dal giornale L’Arena- 1976, Adalberto Scemma)
“una pittura, la sua, che sembra uscita dalle pieghe del migliore « Settecento », calda e sensuale, dolce e aggressiva a un tempo.
L’artista, giovanissimo, sembra immerso in un’atmosfera fuori della realtà. Più che ispirarsi a loro, « sente » in maniera evidente la lezione di Rembrandt e Caravaggio, pittori che nella storia dell’arte hanno pur lasciato una traccia. Lavarini, tuttavia, appare personalissimo nel momento in cui trasferisce sulla tela ricordi e sensazioni: un mondo palpirante e vivo che ha radici ben salde nella sensibilità dell’artista”.
(da « Donna Veronese»- 1976)
“quell’antichissimo fanciullo “pittoricamente parlando” che è Diego Francesco Lavarini: le opere del trentaseienne artista veronese, di una pastosità cromatica e di un verismo di « altri tempi » rieccheggiano infatti Caravaggio e Giorgione. In effetti, l’accostamento vige soltanto in apparenza, specie nei nudi femminili di una carnalità plastica e dirompente e in talune « nature morte» pregne e grevi e «veritiere » fino a un totale abbandono. Ma a mia osservazione più attenta ci si avvede che il « genere »di Lavarini è di un impressionismo attualissimo, soprattutto nella sapiente distribuzione del colore, che è prevalentemente di un buio-azzurrato con¬trappunto da bagliori illuminanti, si che le « cose » rappresentate sembrano venire a noi come vaganti in atmosfere sfumate. In definitiva, questo pittore nostrano dimostra di conoscere a fondo il proprio mestiere , che è professione d’arte e di possedere altresì di tale mestiere, una profonda cognizione interiore”.
(Dal Giornale Il Resto del Carlino – 1976)
“Alla Galleria L’Incontro espone Diego Francesco Lavarini, artista tra i più seri e “concreti” nel panorama figurativo veronese. Sono esposte opere che confermano la grande padronanza tecnica del pittore e la predilezione per soggetti “d’altri tempi”, sapientemente filtrati in chiave moderna.
La ricerca di Lavarini, lo si è detto in altre occasioni, non è mai fine a se stessa. I suoi soggetti figurativi ma mai tradizionali, nel senso che squarci d’ambiente o personaggi conservano una dimensione (sia tecnica che ispirativa) che lo differenziano da tutti gli altri pittori che operano nella nostra provincia.
La costruzione dell’opera sortisce da una conoscenza perfetta dell’anatomia e del disegno: doti rare, perlomeno, di questi tempi. Artista di impronta figurativa, si diceva. A prima vista può apparire una “deminutio” va detto però che Lavarini “crede” in ciò che fa e non contrabbanda motivi pittorici diversi da quelli che hanno sempre caratterizzato la sua opera. Può stupire, questa insistenza a oltranza sui temi figurali se si pone mente all’ attività di grafico pubblicitario o all’hobby della vignetta satirica, ma forse è proprio il “figurativo”, in pittura, il rifugio che l’artista cerca.(A.S. – 2004)
“Al primo colpo d’occhio ci si chiede se vengano esposti alcuni Caravaggio, Rembrandt, Velasquez, tanto appare l’accostamento di un tono com positivo e cromatico, nonché la scelta spontanea di alcune realizzazioni di oggetti; ma a una osservazione più considerata ci rendiamo subito conto che l’Artista è il contemporaneo Diego Francesco Lavarini.
Le sue opere non traggano in errore: non è settecento, ma duemila la sua produzione. Pensiamo che la sua nota qualificante sia proprio questa, di essere cioè un artista del settecento con motivi, crea¬zioni, colori, espressioni e realizzazioni attuali.
E fa ancora più piacere che le sue opere siano ammirate, stimate, godute e ricercate dai contemporanei: ciò significa che come le mode e la storia, così anche l’arte ritorna.
Ci pare che la sua pittura sia destinata a rimanere, se consideriamo la giovane età dell’artista, le mete già raggiunte e la maturazione che verrà.
Godiamo con Lavarini, e ben volentieri lodiamo la sua preparazione culturale e l’impegno tecnico, la sua sensi¬bilità e la qualità delle sue realizzazioni nel campo pittorico-artistico.
Il pubblico sensibile e preparato non può certamente mancare all’incontro in attesa di luture produzioni dell’artista che certamente verrà ad avvalorare la nostra visione del suo avvenire artistico”. (P.I. Corrà)