Biografia
Francesco Perotti nacque a Verona nel 1907 e morì ad Ancona nel 1955. Mostrò precocemente interesse nel campo artistico, pertanto venne iscritto nel 1920 ad un corso di disegno ornamentale tenuto a Verona. Iniziò in quegli anni un’ intensa attività pittorica en plein air che poi rimase peculiare per l’ artista e che lo renderà paesaggista puro dai toni delicati con un naturalismo tutto personale.
Perotti si iscrisse all’ Accademia Cignaroli dove gli furono maestri Guido Trentini ed Antonio Nardi. Nel 1926, alla chiusura degli studi accademici, un saggio finale gli valse il primo premio con lode ed un viaggio d’ istruzione. Partecipò alla Biennale di Verona già a partire dal 1925, oltre ai lavori di ripristino di Castelvecchio decorando la “sala Marconi” con la tecnica dell’ affresco. Partecipò nel 1927 alla mostra di Ca’ Pesaro.
Si trasferì a Roma nel 1941 divenendo insegnante all’ Accademia di Belle Arti. Nel 1948 partecipò alla Quadriennale di Roma oltre che alla Biennale Veneziana.
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Presentazione critica
“Nella alternanza tra tradizione consacrata, e quella invece che si stava formando, [ndr.: si fa riferimento all’esperienza di inizio del XX secolo, in cui anche a Verona si ritrovano inediti pittori in bilico tra “Realismo e Modernismo”], una zona di accostamento ce la forniscono Mario P.Pajetta e Francesco Perotti, nel caso avvicinati da due apparizioni pittoriche perfino capaci di modificare le loro valutazioni abituali… la parte più portante, più piena eccezionalmente la fa Perotti, di solito misurato: in levare piuttosto che in abbondare. I toni scuri, le luci soffocate, interne, sono simili, ma se per Perotti il caso è straordinario, non lo è per Pajetta che vive un clima a ritroso, da uomo dell’altro secolo costretto suo malgrado a vedere pitture, e idee conseguenti, poco o nulla congeniali. Ciò viene in parte mitigato da certi scorci paesaggistici delle periferie ancora verdi fra le case quasi del tutto allineate, ma non ancora continue anche a non volerle schivare dal tutto. Perotti lasciò presto Verona per altri lidi; mentre Pajetta, usando la sua bicicletta da corsa, viaggiò liberamente appena fuori della città che però ha dipinto spesso, magari preferendo i vicoli alle vie e alle piazze, e allora l’inciso chiaroscurale, riguardante al massimo la “mezza luce”, torna subito determinante. Negli esempi riportati dalle illustrazioni in catalogo, si possono notare varianti estranee ai percorsi più conosciuti e predominanti negli anni ’20 e’30, o anche già in tempo di guerra. E la cosa aiuta a modificare la formulazione preconcetta che la pittura tonale a Verona non offriva altre occasioni, né che i residui ottocenteschi non si erano mostrati ancora così a lungo”. (Alessandro Mozzambani )- [Catalogo della Mostra “PITTURA A VERONA 1900-1950”, Comune di Sona 1989]