37100 VERONA
VERONA
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Sito web: www.pioquinto.it
Biografia
Risiede e lavora a Verona. Ha esposto a Bologna (Spazio Dieci); Verona (Galleria La Meridiana); Sona (Pittura a Verona 1975- 1990); Roma (Centro d’Arte “Virgo”; Riva del Garda (Due Spine); Verona (Galleria del Catalogo).
Hanno scritto della sua pittura Serravalli, Trevisan, Mozzambani, Meneghelli, Jouvet.
Presentazione critica
Pio Quinto ha lavorato qualche tempo fa su grandi tele dedicate al paesaggio, preso nell’insieme piuttosto che nella sua descrizione. Prima ancora usando sempre colori brillanti, aveva esplorato il sottobosco della “bassa veronese”, cercando anche i riflessi dei ruscelli per vari caleidoscopi da sopra a sotto e all’incontrario.
Più di recente invece ha realizzato varie tele sul tema del grigio, dalle luci opache della sera, fino all’intervento del neon. Pittore attento ai fenomeni della campagna e della città, Quinto a suo modo interviene sul sociale intervenendo sull’uomo, sul suo ambiente, su come vive o è costretto a farlo. Meglio di un pittore non è mai stato importante e politico il tema, perché solo un pittore conosce l’importanza del verde, cosa è il verde, il senso del verde, la sua continuità e la sua sopravvivenza. Ora la sua peregrinazione tematica si è spostata verso un duplice traguardo: il tramonto visto ironicamente su due campi pittorici: col nero, o lo scuro, in primo piano; e l’orizzonte, chiaro, che fa da sfondo terminale. La pittura si fa in lieta operosità, con magie messe in angolo, senza che una storia possibile diventi sovrastruttura se non critica o meglio ancora autocritica della tematica e
della pittura stessa. Quinto lavora spostandosi appena dal suo centro, spesso fingendo di averlo vicino o invece lontanissimo, come uno specchio solo in parte riflettente. La pittura contemporanea ci ha abituati a simili, diverse soluzioni, affinché il pittore possa sentirsi liberato dalla posizione ironica del suo stare di fronte al quadro come fa uno spettatore incredulo.
L’altra produzione invece essendo di “ieri” mostra una pittura di paesaggio vista da vicino, affinché le soluzioni fisico-percettive abbiano un risalto sulla pittura stessa, anzi suffragandola, facendo sì che essa diventi autosufficiente. E’la seconda ipotesi che è in ballo,e appariglia quella pittura orgogliosa che senza ironia lega le cromie, e le evidenti disarmonie, con la forma mentis della dilapidazione totale. Ecco io dipingo, non volevate la pittura! Sembra dire il pittore elargendo la sua operazione similare, solo finalmente dispersa, anzi accentrata come quando Longhi vedendo quarant’anni fa i quadri di Morlotti, affermava che si trattava della visione di una gallina, mentre guarda la natura vicinissima, anzi facendone parte completa. Longhi sbagliava e la sua ironia meravigliante assomiglia alla fuga di Quinto, sia quando fa la “gallina”, sia quando invece da homo ludens partecipa alla cinematografia del tramonto dipinto come una dimostrazione del suo essere possibile-impossibile. Una figurazione clamante nell’insieme, e dorata, o cigolante a seconda dei casi. Però la pittura resiste, prende campo, a ssiste e altresì dipinge, scolorandosi e poi accesamente colorandosi, e l’uomo pensa al progresso, un attimo dopo mantenendosi all’ipotesi. Quinto rischia cosciente di essere un pittore di oggi, proprio oggi glorioso e fallimentare allo stesso tempo, purché da pittore. (Alessandro Mozzambani)